Sè ferito, Protettivo ed Autentico

Sè ferito, Protettivo ed Autentico
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 06/11/2024
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Immaginate di trovarvi al centro di un cerchio piuttosto grande, suddiviso in tre anelli: uno esterno, uno intermedio e uno centrale. Questi anelli vengono irradiati da voi.

Il più esterno è quello che chiamiamo Strato Protettivo. Il secondo anello rappresenta lo strato della nostra vulnerabilità ferita, o Sè Ferito. E un luogo interiore nel quale proviamo emozioni quali paura, vergogna, rabbia, colpa, tristezza. E infine il centro, il Sè Autentico, dove risiede la nostra essenza, uno spazio nel quale siamo perfettamente a nostro agio con la vita. Quando siamo al centro, ci sentiamo un tutt'uno con noi stessi, con la vita e con l'esistenza. Proviamo amore, fiducia, vitalità, gioia, innocenza, eccitazione, calma e rilassamento. Quando siamo nel centro, la nostra energia vitale e vitalità defluiscono naturalmente da questo spazio interiore in modo spontaneo, attraverso creatività, sessualità, emozioni profonde, asserzione, danza, giocosità, sport, o in qualsiasi altro modo in cui l'energia trova il modo di circolare. Nasciamo nel centro. Arriviamo a questo mondo in uno stato di pura innocenza e fiducia. 

Lo strato intermedio rappresenta la vulnerabilità ferita. Da bambini, molti di noi hanno subito un trauma di qualche genere come lesperienza, della repressione, della mancanza di affetto, dellabuso, del giudizio critico. Forse la più grande ferità coincide con il non esserci sentiti supportati nel diventare la persona che siamo in realtà, ma di essere stati condizionati a diventare la persona che gli altri (i genitori, gli insegnanti, la società in generale) si aspettano e pretendono da noi. A causa di questi sfregi, la nostra innocenza, vitalità, amorevolezza e fiducia hanno cominciato a ripiegarsi su se stesse. L'innocenza è diventata sospetto, la fiducia è divenuta diffidenza, la spontaneità si è trasformata in scoraggiamento e insicurezza. Diveniamo semplicemente delle persone ferite. Queste ferite ci sono state inflitte in vari momenti nel corso dell'esistenza, subito appena nati o durante la nostra vita di tutti i giorni. E' accaduto ad  ognuno di noi in maniera diversa e in dosi differenti. E naturalmente ne siamo influenzati in modi diversi. Ma è comunque importante riconoscere che è accaduto a tutti. Solo pochissimi di noia avevano già da bambini le risorse interiori per difendersi. La maggior parte di noi si è garantita la sopravvivenza psichica elaborando delle strategie per far fronte a questi attacchi. Tali strategie hanno costituito lo strato di protezione, il terzo livello, quello più esterno. Contiene le nostre strategie difensive. Nel nostro processo di sviluppo, abbiamo coperto sia lo strato intermedio, quello ferito, sia quello del nostro nucleo essenziale con questo un terzo strato per proteggere la nostra vulnerabilità ferita. È uno scudo che ci siamo creiamo per impedire alla ferite infantili di riaprirsi. Il terzo strato ci permette di esercitare un po' di controllo sulla nostra vita spesso caotica. La nostra protezione tenta di evitarci di provare ancora più paura e dolore. I modi per farlo sono molti: reprimendo la nostra energia vitale e limitando le esperienze tanto da tenerci al sicuro, distraendoci con dipendenze da sostanze o da comportamenti, litigando, compiacendo, chiudendoci in noi stessi, manipolando, seducendo, tenendoci occupati e così via. Alcuni di noi hanno semplicemente mescolato la propria identità e il proprio comportamento con ciò che veniva chiesto loro e sono riusciti a portare a termine i compiti assegnati ragionevolmente bene (accondiscendenza).

Altri si sono ribellati, ma forse serbano ancora sentimenti di profonda alienazione, rabbia e disconnessione (ribellione). Alcuni di noi non sono riusciti a soddisfare le aspettative di cui erano caricati, o non sono riusciti a reggere la pressione, e sono crollati o si sono isolati (ritiro in se stessi). 

Uno dei modi più efficaci per proteggere la nostra vulnerabilità è quello di adottare un ruolo e darci un'immagine. Siamo bravissimi a plasmarci dei ruoli dietro i quali nasconderci: la vittima, il salvatore, il   seduttore, il forte, il più bravo o il peggiore.

Da bambini, avevamo bisogno di trovare il modo per proteggerci e molti di noi l'hanno fatto costruendosi un proprio e unico stile di protezione, senza il quale non sarebbe stato possibile sopravvivere conservando la sanità mentale. Ma, stortunatamente, ci siamo cosi tanto identificati con la nostra protezione, ci siamo cosi attaccati a essa, che ci viviamo dentro del tutto inconsciamente. E proprio perchè è diventata così abituale e inconscia, non è più qualcosa che possiamo decidere di usare o meno a piacimento. Abbiamo costruito queste difese così presto e così inconsapevolmente, che sono divenute unabitudine. Abbiamo imparato a limitare la nostra vita per tenere sotto controllo la paura, a tal punto che la nostra energia vitale e gIoia di vivere ne pagano le conseguenze. Oggi il nostro scudo protettivo trattiene la nostra energia vitale, la blocca dentro di noi, separandoci dai nostri sentimenti e impedendo alla nostra creatività e alla nostra vitalità di scorrere liberamente. Quindi ci siamo costruiti delle rigide convinzioni per proteggere le nostre difese. I conflitti che abbiamo con gli altri si verificano, il più delle volte, quando due strati protettivi si scontrano. Spesso veniamo respinti proprio perché avviciniamo l'altro con le nostre protezioni invece che con la nostra vulnerabilità, ma non ce ne rendiamo conto. Arriviamo all'incontro con la convinzione di essere aperti e disponibili, mentre in realtà siamo completamente avvolti nel nostro strato protettivo e aspettiamo che l'altro si apra per primo, perché questo ci fa sentire al sicuro. E poi ci indigniamo quando la reazione non è quella che ci aspettavamo.

Troppo spesso, nelle relazioni, ci perdiamo perché ognuno si rapporta all'altro rimanendo nel proprio strato protettivo e non troviamo la porta per uscire da questa situazione.

Finché il nostro intento resta quello di infuenzare o cambiare l'altra persona in qualche modo, ci stiamo muovendo in uno spazio di protezione. Questo atteggiamento include, inoltre, avere aspettative, desiderare di ferire l'altro, tentare di controllare, giudicare, manipolare, o cambiare gli altri. Tutte le volte che ci poniamo con questo tipo di energia, stiamo attaccando e l'attacco non genera altro che un contrattacco o una ritirata. Senza un vero lavoro interiore, crediamo che la nostra protezione coincida con la nostra sopravvivenza e non riusciamo a immaginare una realtà diversa.

Ci aspettiamo che gli altri e il mondo facciano in modo di farci sentire al sicuro, e quando questo non accade nel modo che desideriamo, finiamo in uno stato di rassegnazione o di rabbia. Quando veniamo a confronto con una minaccia reale o immaginaria, che sia essere messi sotto pressione, ricevere delle critiche o un giudizio, reagiamo automaticamente, per consuetudine e inconsciamente. Finché non esploriamo il nostro strato di vulnerabilità ferita, rimaniamo nel nostro strato protettivo.

È salutare avere un approccio delicato e di tenera consapevolezza nei confronti delle nostre ferite e protezioni. Un profondo cambiamento interiore comincia a verificarsi appena impariamo a metterci in relazione con le nostre difese, senza giudicarle e senza desiderare che spariscano o che cambino. Possiamo semplicemente fare in modo di accorgerci di quando queste emergono, di come ci fanno sentire e del perché siamo in uno stato di protezione, e allora cominceranno a dissolversi.

L'essenza della guarigione, sta semplicemente nel consentire a noi stessi di portare una totale consapevolezza a quello che ci accade in ogni momento. 


Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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Iscritto all’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia col n. 787 dal 10-09-2005
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