Le aspettative in amore

Le aspettative in amore
  • Dr. Maurizio Sgambati
  • 11/11/2024
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All'inizio di una nuova relazione sentimentale ogni persona porta con se la speranza di vedere realizzati i propri bisogni più profondi.

Spesso si guarda al nuovo partner come a quella persona che sarà capace di risanare vecchie ferite, di coglierci "al volo" attraverso l'intuizione, e soddisfare bisogni psicologici importanti come quelli di affetto, sicurezza, stimoli, condivisione di attività sportive, intellettuali, sociali, gestione di casa ed educazione dei figli. Tuttavia è assai improbabile che ci si trovi di fronte al prototipo di partner ideale. E' molto più realistico pensare che l'altro o l'altra non sia affatto il principe azzurro o la principessa che abbiamo idealizzato durante la fase dell'innamoramento. Quando entriamo in contatto profondo con qualcuno scopriamo che non è esattamente come si presentava all'inizio della fase seduttiva. Anch'egli ha limiti, dolori e ferite in sospeso. Il suo funzionamento, i suoi valori e il suo linguaggio sono differenti dal nostro sistema di riferimento; questa divergenza emerge sempre più mano a mano che il rapporto si sviluppa nel tempo. C'è sempre il grosso rischio che le nostre aspettative non vengano colte, comprese e che si faccia strada dentro di noi la rabbia. Senza questa consapevolezza c'è la possibilità che le aspettative, se non esplicitate con un linguaggio semplice che l'altro possa comprendere ed esempi concreti, vengano disattese. Durate la fase di idillio amoroso la rabbia è contenuta e la relazione regge nonostante la frustrazione. Tuttavia via con l'andare degli anni, quando l'innamoramento lascia il posto all'amore, che è più mite, ci si rende conto che il partner non è disposto a cambiare. Perché non comprende la necessità di farlo, non vuole, o non ha gli strumenti per venirci incontro e costruire un "linguaggio" comune. Iniziare una relazione con l'aspettativa di cambiare il partner, plasmarlo per renderlo più empatico, affettivo, loquace o altro, è un errore che in molti fanno. Affinché possano avvenire cambiamenti strutturali della personalità è necessario un gran lavoro su di se, alla cui base ci debbono essere motivazione e volontà personali e non indotte da qualcuno. Così, il più delle volte il cambiamento atteso, basato l'idea fantasmatica che avevamo del partner ideale, non avviene. La base fondamentale per costruire una buona relazione è l'equilibrio tra accettazione e incontro.

Dobbiamo da un lato avere la capacità di accettare l'altro così com'è e dall'altra affinare, smussare, alcuni aspetti di noi per andare incontro alle sue necessità attraverso il dialogo e l'ascolto attento. Quando ambedue i partner si impegnano a migliorarsi per integrarsi l'uno nel mondo dell'altro, accettando i reciproci limiti, allora la relazione poggia su aspettative realistiche ed il rapporto diviene sano e funzionale nel tempo. 

Siamo portati erroneamente a pensare che se l'altro non cambia o non esprime l'affetto o i sentimenti in modo similare al nostro allora non ci ama. L'amore non ha nulla a che vedere con il cambiamento o i gesti visibili. Ci sono molti modi di dimostrare i sentimenti al proprio amato: per alcuni attraverso carezze, coccole e belle parole mentre per altri in modo concreto attraverso il supporto pratico ed economico. Non esiste una modalità universale per esternare i sentimenti  Certamente se l'amore è esplicitato a parole c'è meno spazio per l'ambiguità. Per alcuni può essere difficoltoso adottare un linguaggio emotivo ed esprimersi apertamente, anche a causa dello stile educativo "freddo e impostato" delle famiglie in cui sono cresciuti; in tal caso dobbiamo imparare a leggere tra "le righe".

Non solo le aspettiate irrealistiche possono incrinare un rapporto di coppia: anche il dolore provato nel passato, la diffidenza per la paura di soffrire ancora, il confronto sleale con gli ex. Il desiderio di cambiare il partner è il presupposto più pericoloso in amore.

Le aspettative difficilmente sono considerate irrealistiche all'inizio di un rapporto a due; sono richieste da soddisfare "senza se e senza ma". Una sorta di diritto, una pretesa, che l'amato/a deve assecondare con l'aggravante che non si ritiene necessario esplicitare in modo chiaro. Ci si mette in attesa che l'altro soddisfi tali bisogni dando per scontato che egli/ella sappia coglierli e ci gratifichi nell'immediato. Ci aspettiamo che il partner utilizzi una sorta di "pensiero magico" e che riesca ad intuire ciò che desideriamo esattamente come sapevano fare i nostri genitori. Da bambini abbiamo sperimentato, quando ancora non sapevamo parlare, che i nostri genitori erano in grado di cogliere le nostre necessita primarie (fame, sete, sonno… ) così, allo stesso modo, anche nella relazione d'amore ci aspettiamo che questo accada. In realtà siamo diventati adulti ed abbiamo la responsabilità di formulare richieste chiare al partner poiché egli non sa che cosa può fare per renderci felici. In tal modo le aspettative diventano assunti impliciti anziché comunicati apertamente condivisi da ambo le parti. La responsabilità è nostra che abbiamo il dovere di fare richieste e verificare se queste vengono colte e possano essere prese in considerazione da chi ci vuole bene. 

Ciò significa che la persona rimane in attesa che le proprie esigenze vengano soddisfatte senza sentire la necessità di comunicarle in modo chiaro ed inequivocabile poiché ritene che si tratti di cose che "tutti dovrebbero sapere". Così alcuni non si assumono la responsabilità dei propri bisogni formulando domande e richieste dirette in modo assertivo. Tale responsabilità riversata sull'altro che, inconsapevole del ruolo designatogli, diviene una vittima accusata di molteplici mancanze. Spesso le accuse sono fatte di silenzi, ricatti ed accuse come quella di non essere innamorato/a abbastanza da comprendere ciò che desideriamo ma che non chiediamo. 

L'attesa porta con se frustrazione e sentimenti spiacevoli come tristezza e rabbia repressa. Molti non solo non dichiarano apertamente le proprie aspettative ma trattengono la rabbia per anni. La persona delusa e rancorosa inizialmente assume comportamenti di tipo passivo-aggressivo, ricorre all'uso di modalità di comunicazione indirette (dispetti) per farla pagare al partner, per poi agire la rabbia in modo esplosivo per un nonnulla.

Le aspettative non soddisfatte portano a strutturate anche uno stile di pensiero negativo sia verso se stessi sia verso il partner. 

Le persone frustrate in tal senso pensano di non essere all'altezza, di non meritare attenzioni e gesti di cura da parte del compagno/a. Una volta che il ciclo di pensieri negativi su se, l'altro e la relazione s' è avviato il rapporto può compromettersi. 

Si inizierà a concentrarsi solo sugli aspetti negativi della relazione, sulle mancanze del partner più che sulle sue risorse e sugli aspetti buoni del rapporto. Si instaura il gioco del "braccio di ferro" per dimostrare che si ha ragione mentre l'altro ha torto ed è manchevole su tutti i fronti. La rabbia del momento diviene rancore covato per anni. Il partner viene accusato per situazioni e sospesi del passati andando a pescare situazioni indietro nel tempo. Ogni tentativo di riconciliazione fallisce se non si è in grado di chiarire vecchie situazioni e smettere di rinvangarle ogni volta. L'obiettivo di questo conflitto aperto è "avere ragione" a tutti i costi, dimostrare all'altro che ha sbagliato sino a che la rottura della relazione diviene inevitabile a causa di un clima perennemente ostile in cui la serenità appare irrecuperabile.  

Anche le aspettative su di se nel rapporto possono essere disfunzionali, come ad esempio il pretendere di essere dei partner perfetti, privi di difetti, per impressionare l'altro. Coloro che soffrono di bassa autostima ritengono di dover faticare per continuare a piacere e di doversi sottoporre a forti pressioni per "meritarsi l'amore" dell'altro. La persona può costantemente ricercare conferma del proprio valore attraverso il partner, il quale potrebbe stancarsi ben presto di fornire conforto a chi non è capace di rasserenarsi mai con i feedback positivi ottenuti. La rottura in questo caso può essere interpretata come una conferma del "non essere amabile" da parte dell'insicuro piuttosto che una conseguenza delle continue pressioni esercitate. 

Come far si che le aspettative irrealistiche non interferiscano col vostro rapporto di coppia?

  1. Smettere di usare la parola "dovrebbe": evitate di generalizzare i comportamenti che secondo voi tutti i partner dovrebbero tenere e guardate al vostro come ad un rapporto unico;
  2. Comunicare tutte le proprie aspettative: nessuno può sapere cosa pensate perciò è necessario comunicare apertamente al partner ciò che si ritiene importante per se e ciò che si desidera facendo esempi concreti. Evita di accusarlo/a; piuttosto suggeriscigli comportamenti e incoraggialo/a quando fa qualcosa di buono così che trovi conferma di essere sulla buona strada per renderci felici. Se non può soddisfare le esigenze chiaramente esplicitate allora è necessario valutare se rimanere nel rapporto con quei presupposti o lasciar andare. Bisogna evitare di pretendere per anni ciò che non potrebbe mai esserci in un rapporto compromettendo la serenità di entrambi. Senza comunicazione non ci può essere alcuna comprensione;
  3. Concentrarsi sugli aspetti positivi. Ogni partner ha aspetti positivi e sono quelli per cui l'ha scelto e per cui proviamo dei sentimenti. Sicuramente ha anche limiti e difetti ma solo concentrandosi su ciò che ha di buono potremmo migliorare la qualità del rapporto. Valorizzare, anziché sminuire, ciò che c'è nella coppia.
  4. Lavorare su di se: puntare a migliorarsi. Solo perché siamo in coppia non significa che dobbiamo  smettere di lavorare sull'atteggiamento che teniamo nella coppia. Una relazione funziona solo se entrambi si osservano e diventano consapevoli delle proprie modalità di relazione. Mettiamo prima in discussione noi stessi prima di accusare il partner. Una relazione si fa sempre in due: vi è sempre una relazione circolare di causa-effetto. 

Dr. Maurizio Sgambati

Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone

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Iscritto all’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia col n. 787 dal 10-09-2005
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