Guarire dalle ferite psicologiche del passato
I traumi e le ferite emotive, soprattutto se infantili, sono piuttosto complessi e difficili da elaborare. Frequentemente riaffiorano alla mente della persona che li ha subiti e per imparare a gestirli può essere necessario molto tempo.
In questo articolo voglio spiegare il motivo per il quale può essere difficile superare un trauma emotivo.
Innanzitutto ciò accade perché tendiamo a collegare strettamente la nostra ferita emotiva all'esperienza traumatica originale. Pensiamo al nostro dolore emotivo come a qualcosa che abbiamo sviluppato in risposta all'evento traumatico. In verità la ferita non è risultato diretto dell'esperienza ma pensi delle credenze che abbiamo sviluppato in seguito al trauma.
Gli essere umani hanno la tendenza a cercare di spiegare gli eventi e dargli un senso. Diamo un significato ai fatti della vita perché garantirci sicurezza emotiva, per rassicurarci. Ecco che di fronte ad un trauma, nel cercare di spiegare l'accaduto, elaboriamo convinzioni e credenze traumatiche. Queste credenze su noi stessi, gli altri, il mondo e le relazioni, diventano le vere e proprie ferite emotive al di la dell'evento originario.
La ragione per cui molte persone non guariscono da un trauma è perché si focalizzano solo su di esso, sull'esperienza dolorosa iniziale, senza però elaborare le convinzioni che hanno trattenuto in se stesse.
Ad esempio, quando un bambino sperimenta l'abbandono per spiegare l'accaduto può formarsi l'idea di sé di non essere stato sufficientemente bravo per i genitori. Nel tentativo di trovare un "perché" con la sua logica limitata ed infantile si potrà convincere di essere indegno di amore, che è colpa sua che non è stato all'altezza dei genitori. In quest'ottica dunque la ferita non è tanto da attribuirsi all'esperienza di abbandono piuttosto alla convinzione di essere "indegno". La guarigione in tal caso avviene quando la persona è in grado di liberarsi delle convinzioni errate che si è costruita su di sé a seguito dell'evento "se è così, allora io…".
Ne consegue che due persone possono sperimentare lo stesso trauma ma sviluppare risposte completamente diverse, credenze molto diverse rispetto alla medesima esperienza.
Alla base delle credenze traumatiche ci sono sempre dei bisogni emotivi che debbono essere soddisfatti per poter guarire. Nel esempio citato qualora il bambino abbandonato avrà necessità di soddisfare il bisogno di sentirsi degno di amore per guarire dalla sua ferita. Il processo di guarigione però spesso è complesso proprio perché le convinzioni errate sono così profondamente radicate che la persona tende a bloccare qualunque nuova idea dissonante da quelle che già possiede per confermare quello che ha già interiorizzato seppur doloroso e limitante. Il problema è che se una persona è profondamente convinta di non essere amabile, tenderà a sabotare e bloccare qualunque altra idea contraria al suo solido sistema di credenze. Le convinzioni, anche se errate, sono il modo con cui rappresentiamo la realtà che ci circonda, ci diamo una struttura e ci garantiamo "sicurezza".
Quando siamo stati feriti, ci sentiamo giustificati nel mantenere credenze traumatiche. Una parte di noi può pensare che attraverso le nostre convinzioni possiamo evitare di farci nuovamente del male. Lasciar andare le nostre convinzioni può farci sentire molto vulnerabili.
Inconsciamente continuare a pensare di non essere degni d'amore ci protegge dal rischio di esporci in una relazione e di sperimentare ancora l'abbandono o il rifiuto. Questa credenza non è in realtà protettiva; con essa ci auto-sabotiamo. Muoversi alla luce di questa convinzione fa si che ci rapportiamo agli altri con fare insicuro, poco incisivo con gli altri e di conseguenza troveremo conferma di ciò che già pensiamo circa noi stessi. Si tratta di una conviene che determina il nostro agire incerto e che quindi si auto-conferma.
Le convinzioni traumatiche hanno un'influenza molto forte sulla realtà perché sono alimentate da un'intensa energia emotiva. Pertanto, se crediamo di non essere amabili attireremo situazioni che supportano questa convinzione.
Indipendentemente da ciò che ci è accaduto nel mondo esterno, siamo noi che pensiamo i nostri pensieri e che alimentiamo le nostre errate convinzioni. Siamo responsabili delle idee che abbiamo creato su noi stessi, che abbiamo fatto nostre, in risposta ad un evento traumatico e quindi abbiamo il potere e la responsabilità di modificare questi pensieri negativi per guarire.
Se accettiamo che queste credenze debilitanti ci definiscano come persone allora limitamo noi stessi, poniamo un limite al nostro vero sè; questa è la causa del dolore e della sofferenza.
Il dolore è una sorta di avviso interiore che ci segnala quanto siamo disconnessi dal nostro vero sé affinché, rilasciando convinzioni incongruenti con la nostra vera personalità, possiamo guarire.
Il dolore in sé e per se non è un male ma un invito che dobbiamo cogliere per liberarci dalle convinzioni che con cui ci stiamo sabotando e con cui ci limitiamo.
Le esperienze traumatiche attivano credenze nascoste di cui non sempre siamo consapevoli ed il dolore ci segnala che è necessario liberarcene per poter guarire.
Non è possibile guarire da qualcosa di cui non si è consapevoli; non basta elaborare l'esperienza dolorosa ma è necessario guardare a ciò che ne abbiamo ricavato in termini di convinzioni personali. Il dolore dirige la nostra attenzione su una convinzione profonda che abbiamo bisogno di elaborare per potercene liberare.
Possiamo restringere il campo a 4 convinzioni traumatiche di base: vittimismo, impotenza, inutilità e perdita.
- Vittimismo: una prima convinzione è quella di sentirsi una vittima sopravvissuta ad un dolore o un abuso. L'opposto del credersi vittima è la convinzione di poter essere artefici della propria vita malgrado tutto, di aver ancora occasioni per poter fare qualcosa di buono per se stessi con forza e determinazione. Per poter guarire dalla convinzione di essere vittima è necessario riconoscere di poter orientare la propria vita ed investire su progetti ed obiettivi concreti. Purtroppo invece quando a fronte di un evento doloroso ci convinciamo di essere delle vittime inconsciamente, sotto la guida di credenze nascoste, ci boicottiamo e ci lasciamo andare trovando molti fallimenti ed occasioni a conferma di questa idea malsana di noi stessi.
- Impotenza: ancor prima di sperimentare un evento traumatico, molti sono convinti che la vita e l'universo abbiano un potere di influenza sugli essere umani. Quindi, quando si verifica un'esperienza traumatica l'idea di essere impotenti, già presente sullo sfondo, si consolida e conferma. Guarire dal trauma in tal caso significa riconoscere il proprio intrinseco potere di avere un controllo su alcuni aspetti della nostra vita.
- Indegnità: tra tutte le convinzioni traumatiche, il senso di indegnità o inutilità è la più profonda. Corrisponde alla domanda: "Perché è successo a me?". Il dolore non andrà via finché non verrà rilasciata la falsa credenza di essere una persona inutile, non amabile, sino a che non si smetterà di cercare nel modo esterno la prova del proprio valore. Il mondo e gli altri non possono ne dare ne togliere valore a qualcuno; il valore di una persona è intrinseco e garantito. La guarigione assoluta si ottiene quando si riscopre e rivendica il proprio incondizionato valore in quando essere umano amabile a prescindere.
- Perdita: spesso una ferita emotiva ha a che fare con la convinzione che qualcuno ci abbia deprivato di qualcosa. L'idea di essere stati derubati, di aver perso qualcosa (come una persona, la dignità, il rispetto, la fedeltà) mantiene viva la ferita. Guarire significava rinunciare all'idea di dover recuperare ciò che ci è stato portato via. Tutti sperimentiamo la perdita: di un genitore o una relazione. La perdita è parte del flusso della vita. Il lutto è una risposta naturale alla perdita ed è il processo di lasciar andare. Tuttavia, se non lasciamo andare, la perdita può trasformarsi in una ferita emotiva sotto forma di credenza traumatica "nessuno mi amerà mai più" o "tutti quelli a cui tengo mi lasciano". Anche in questo caso è la convinzione che crea la ferita emotiva e non solo la perdita stessa. Se sviluppiamo questi convincimenti per la perdita dell'amore smettiamo di darci valore e blocchiamo potenziali nuove relazioni.
Quando sviluppiamo e nutriamo le ferite finiamo per identificarci con essere, creiamo un'identità intorno al sé ferito. Quindi, è necessario non solo cicatrizzare la ferita ma soprattutto rivedere la nostra identità alla luce di nuove convinzioni più sane e positive. Non dobbiamo identificarci come persone ferite ma guardaci come persone intere. Chi siamo al di la della ferita e dell'evento doloroso sperimentato.
Le ferite emotive vengono spesso lasciate aperte perché far si che siano gli altri a soddisfare i nostri bisogni emotivi. Per guarire, dobbiamo assumerci la responsabilità dei nostri bisogni emotivi e dobbiamo trovare i modi per soddisfarli. Quindi, invece di guardare agli altri per colmare vuoti d'amore, per esempio, dobbiamo imparare ad amarci. Dandoci amore, riempiamo la ferita e guariamo.
Per guarire una ferita emotiva, le emozioni debbono essere espresse ed elaborate fino in fondo. Questo significa sentire le emozioni completamente senza respingerle o negarle. La guarigione avviene quando ci permettiamo di sperimentare le emozioni, viverle nel corpo e liberale dal corpo in cui sono rimaste intrappolate.
Poiché la mente non conosce la differenza tra reale e immaginato, è possibile tornare ad un evento passato e rivederlo in modo tale che la ferita guarisca automaticamente. La chiave per una revisione di successo sta appunto nel creare un nuovo insieme di credenze: riconoscere il nostro valore, il potere e la connessione con il nostro verso se.
La guarigione richiede impegno poiché il trauma che si è "fissato" a livello cerebrale per essere "eradicato" richiede lo sviluppo di nuovi modelli di pensiero coscienti.
Dr. Maurizio Sgambati
Psicologo a Pordenone